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La valutazione della qualità del servizio di Casa Hospice Cima Verde

Nella pratica clinica quotidiana la valutazione della qualità del servizio prestato si è storicamente basata su vari parametri che nel tempo sono stati adottati. Ad esempio, in un ospedale per acuti gli elementi principali su cui basare il giudizio saranno il tasso di guarigione, i tempi di degenza, il numero di errori e quasi errori, gli aspetti di tipo alberghiero ecc…; in un ambiente di lungo degenza (ad esempio una RSA-APSP) avrà importanza il numero delle cadute accidentali, il tasso di infezioni legate all’assistenza (infezioni dei cateteri), il numero di pazienti con lesioni da pressione (“ulcere da decubito”). I parametri su cui misurare la qualità in questi ambienti sono variati nel corso degli ultimi cinquant’anni e sono principalmente basati su:

  • Valutazione degli elementi strutturali e organizzativi (funzionalità, sicurezza e comfort degli ambienti ove si svolge l’attività, dotazione di tecnologie sanitarie, dotazione di personale, competenze professionali, sistemi di controllo degli eventi avversi (incident reporting, sistemi di analisi degli errori);
  • Valutazione dei processi clinico-assistenziali: linee guida, protocolli e percorsi di diagnosi e cura;
  • Numerosità e qualità dei contenziosi tra l’organizzazione e gli utenti;
  • Segnalazioni da parte dei cittadini di disservizi, comportamenti non adeguati, errori …

Come si nota in tutti queste modalità di valutazione della qualità il ruolo dei pazienti e dei cittadini che hanno bisogno delle prestazioni del servizio è marginale e la qualità del servizio è valutata soprattutto con indicatori che sono sì molto forti ma che purtroppo non sempre sono idonei a dare un quadro realistico delle varie situazioni (guarigione verso peggioramento o morte, tempi di attesa, durata dei ricoveri, …).

Questo problema è ancora più evidente nello specifico ambito delle cure palliative dove il principale elemento di giudizio (la guarigione della malattia) è per definizione escluso trattandosi di persone che soffrono di patologie croniche non guaribili e che per di più sono giunte a un tale livello di progressione di malattia da rendere necessarie cure orientate all’alleviamento dei sintomi e non al prolungamento della sopravvivenza come primo obiettivo. Queste caratteristiche si accentuano ulteriormente se riferite alle attività di assistenza prestate nell’ambito degli hospice dove il paziente giunge nelle ultime settimane o giorni di vita. Infatti, se osserviamo la situazione italiana la media di degenza negli hospice varia tra i 15 e i 20 giorni (Cima Verde 17,8), con tassi di pazienti con degenza inferiore a una settimana che fluttuano tra il 30% e il 40% (Cima Verde 37,4%). Tuttavia, è proprio in questo momento delicato della vita delle persone che la qualità dei servizi a loro dedicati è maggiormente importante visto che si tratta di soggetti quasi sempre dipendenti anche nelle più semplici attività della vita quotidiana e spesso impreparati ad affrontare i disagi, anche psicoemotivi, di questo delicato periodo di vita. Inoltre, i pazienti sono spesso talmente prostrati dalla malattia da non essere più in grado di esprimere un qualsivoglia giudizio sui servizi prestati fosse anche una valutazione positiva, essi sono talmente dipendenti dall’assistenza da essere comunque fortemente condizionati nei giudizi. 

Proprio per tale motivo, risulta necessario dar voce a un loro eventuale feedback sia esso di soddisfazione o di disapprovazione. Nel corso degli ultimi decenni anche e soprattutto nel contesto delle cure palliative si è cercato di sviluppare criteri e strumenti di valutazione della qualità assistenziale percepita che si potessero applicare efficacemente alle varie situazioni in cui il paziente vive l’ultima fase della sua malattia (ospedale, cure domiciliari, hospice) e che fossero comprensibili e utilizzabili dai pazienti, dai loro parenti e caregiver e dagli operatori sanitari (fisioterapisti, infermieri, medici, OSS, psicologi, …). Questi strumenti di indagine hanno subito varie modifiche nel corso del tempo, sono stati sperimentati da vari gruppi di ricerca clinica e infine sono stati validati per varie realtà culturali e linguistiche.

Presso la struttura hospice “Cima Verde” si raccolgono le impressioni sulla qualità del servizio dai caregiver dei pazienti deceduti in struttura, questa valutazione viene richiesta a due mesi dall’evento luttuoso e consta nella compilazione di un questionario anonimo via web o cartaceo (a scelta del caregiver), i risultati del primo anno di valutazioni sono stati presentati in un convegno pubblico il 3 dicembre 2021. La valutazione del percorso di cura di questi pazienti viene fatta anche dagli operatori sanitari che, al decesso del paziente, compilano una scheda di “valutazione della qualità di morte”, in queste schede, compilate fin dall’apertura dell’hospice (2017), sono riportate spesso le parole dei pazienti stessi e le loro percezioni e sentimenti rispetto alla malattia e al servizio ottenuto, (si tratta comunque sempre di una valutazione filtrata dagli operatori) ed il vissuto del personale sanitario durante l’assistenza nel fine vita. La valutazione di un servizio alla persona non può ovviamente mancare del parere del soggetto cui l’assistenza viene prestata. Per questo motivo il comitato scientifico dell’hospice Cima Verde ha proposto un percorso di implementazione di strumenti atti a valutare la qualità del servizio che comprendesse tutti i momenti e i protagonisti delle attività svolte all’interno della struttura, la proposta è stata fatta propria dal consiglio di amministrazione e, al completamento della parte riguardante i caregiver si è passati alla scelta dello strumento idoneo alla valutazione da parte dei pazienti ospiti della struttura.

Come primo approccio al problema è stato introdotto un sistema di raccolta, sistematizzazione e catalogazione dei racconti dei pazienti a chi si prende cura di loro, senza distinzione fra le varie professionalità o categorie, questo tipo di valutazione basato sulla “medicina narrativa” è stato affidato alla psicologa che lavora in hospice e procede tuttora non senza difficoltà.

A questo metodo si è infine deciso, su convinto stimolo da parte degli stessi operatori, di affiancare uno strumento strutturato e validato in campo nazionale e internazionale. Lo strumento in questione è l’Integrated Palliative care Output Scale (IPOS). Questo metodo di valutazione coinvolge direttamente i pazienti durante il ricovero in hospice o l’assistenza a domicilio e valorizza l’apporto conoscitivo sia dei caregiver che degli operatori, è stato scelto dalla comunità scientifica italiana tanto che la Società Italiana di Cure Palliative (SICP) ne raccomanda l’adozione su tutto il territorio nazionale. Il gruppo italiano che ha tradotto e validato l’IPOS per l’Italia fa capo alla Fondazione “F.A.R.O” di Torino ed è presieduto dal dottor Simone Veronese che ha anche sviluppato un complesso progetto accreditato di formazione d’aula e sul campo, che coinvolge le diverse figure professionali dell’équipe. Fondazione Hospice Trentino ONLUS si è fatta promotrice della formazione in questo specifico settore e ha coinvolto gli hospice attualmente attivi in Regione (Hospice-APSS, Mori e Bolzano) con l’intento non secondario di creare e di rendere sempre più forte e operativa la collaborazione fra i vari nodi della rete delle cure palliative a livello locale. Grazie all’attività della nostra Coordinatrice delle professioni sanitarie Gessica Mazzucco, alla collaborazione delle sue colleghe dei vari hospice coinvolti e alla disponibilità del dottor Veronese si è quindi dato inizio al progetto formativo che ha visto la conclusione della prima parte il 15 giugno, nei prossimi mesi presso le strutture interessate si svolgerà il lavoro sul campo e fra 4 6 mesi ci si ritroverà insieme per valutare gli esiti e le difficoltà di questo lavoro. Solo dopo questa fase di formazione verrà presa la decisione sulla adottabilità e funzionalità dello strumento per i vari e diversi contesti di cura. In attesa dell’esito del percorso di formazione del personale la posizione espressa dal comitato scientifico è di suggerire l’utilizzo combinato dei due metodi di rilevazione (medicina narrativa e IPOS) che utilizzati in parallelo dovrebbero permetterci di esplorare un orizzonte più ampio e completo della percezione della qualità dell’assistenza ricevuta.

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